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Tradizioni pasquali nel Mugello: Un viaggio tra riti sacri e sapori d'antan

Come si viveva la Pasqua nei tempi che furono...

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Tavola pasquale Tavola pasquale © puhimec
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Il nostro caro amico e affezionato lettore Alfredo Altieri ci ha inviato questo suo scritto, in cui rievoca le tradizioni pasquali nei vari paesi del Mugello. Un ricordo che non vuole essere nostalgico, ma piuttosto un affettuoso omaggio a come le famiglie vivevano in comunità questa importante ricorrenza. Buona lettura!

Chi ha molti anni come me, si ricorderà quando nelle macellerie del Mugello venivano messi in bella mostra tronconi di carne e agnelli, abbelliti con fiori di carta, in occasione delle feste pasquali; mentre i fornai, il giovedì santo, sfornavano panini di ramerino benedetti.

Nelle chiese veniva allestito il Santo Sepolcro con grande cura e amore dalle donne del luogo, che facevano a gara a chi portava il vaso di fiori più bello. Quello allestito dalle “monachine” di Borgo, in mezzo ai fiori si scorgevano i dadi, il gallo, la colonna, la spugna e il lenzuolo della Veronica, che richiamavano alla Passione di Cristo.

Il Venerdì Santo nella Pieve di Olmi si svolgeva una funzione particolarissima con predica e canti chiamata: “Le tre ore di agonia di Nostro Signore Gesù”.

A Vicchio la tradizione voleva che si portasse in processione per il paese il Gesù Morto, il simulacro di cera di Clemente Susini: unitamente alla Madonna Addolorata, un manichino vestito amorevolmente dalle donne vicchiesi.

A Scarperia la processione del Gesù Morto e dei Dolori di Maria, sempre il Venerdì Santo, aveva luogo all'interno delle mura castellane tra tristi canti e lo scintillare di tanti lumincini. Quanto riportato sono solo alcune notizie relative alla Pasqua di tanti anni fa, ma in tutte le chiese del Mugello, il popolo ascoltava i brani della Passione e prendeva parte con mestizia alla Via Crucis e avrebbe, poi, gioito al suono delle campane che annunciavano la Resurrezione di Cristo.

Oltre al lato spirituale di questa Festa, c'era anche quello più “irriverente” ossia culinario. Le donne avevano il loro bel daffare: tortelli di patate, oppure cappelletti o i “nastroni”, mentre l'agnello quel giorno faceva da padrone. Ma la cucina in quel periodo si trasformava anche in una rudimentale pasticceria.

Sulla tavola le massaie predisponevano tutti gli ingredienti necessari alla bisogna: zucchero, olio, strutto, limoni, farina, uova, presine, un tegame di smalto bianco per sbattere l'albume dell'uovo, la stadera, la carta oleata, la carta gialla e non mancava mai qualche foglio stropicciato dove erano scritte alcune ricette particolari. Si preparavano le ciambelle, le crostate, gli zuccherini, i biscotti, le ficattole zuccherate e in ultimo gli spumini. Tutti dolci che venivano cotti nel forno a legna preparato a puntino per la bisogna. La domenica di Pasqua, prima di mangiare si recitava il Padre Nostro e si cominciava dall'uovo benedetto.

Queste poche consuetudini Pasquali, che mi è piaciuto ricordare, hanno accompagnato i mugellani forse per secoli, è un patrimonio collettivo, valori forti espressi dalla nostra gente e che lo scorrere del tempo non riuscirà a distruggere.
Buona Pasqua a tutti i mugellani.
Alfredo Altieri

 

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