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Servono davvero le fiaccolate per la pace? Una lettura ermeneutica

Martedì 24 ottobre si è svolta a Firenze una fiaccolata per la pace in seguito al conflitto in Palestina. Queste manifestazioni sono utili?

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Marcia della pace Marcia della pace © La Leti
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Si sono presentati in quindicimila all'appello di partecipazione alla fiaccolata per la pace a Firenze lanciato dall'abate di San Miniato, padre Bernardo, da lui organizzata. Alla manifestazione, partita da Ponte alle Grazie e conclusasi a San Miniato, erano presenti l'imam della città Izzeddin Elzir e il rabbino capo Gadi Piperno, simboli di una convivenza tra due popoli in guerra non solo possibile, ma necessaria. Presenti altresì varie associazioni, come la Cgil e l'ANED - Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti -, e politici, primi fra tutti il sindaco Dario Nardella e il presidente della regione Toscana Eugenio Giani. Di fronte all'Abbazia di San Miniato e a migliaia di cittadini, con il microfono stretto a pugno davanti al volto imperturbabile, padre Bernardo ha chiesto un cessate il fuoco non soltanto in Medio Oriente, ma anche in Ucraina, Sudan, Armenia, e in tutte le zone del mondo dove a parlare sono le armi, e non la diplomazia; un grido di pace ecumenico, che si astiene dal dare giudizi sulle parti in causa, ma che domanda pace qualunque siano le motivazioni scatenanti la guerra.

Non sarà una fiaccolata a fermare i missili che da due settimane stanno colpendo la Striscia di Gaza, causando migliaia di morti e feriti tra i civili; non saranno le grida di un abate a far cessare il conflitto tra Russia e Ucraina, che va avanti da quasi due anni; non saranno due, dieci, cento, mille bandiere della pace a rendere il Sudan un paese libero dalla violenza dell'ultimo anno, e a far cessare le ostilità tra curdi e Turchia. Non ci riuscirono in passato, e non ci riusciranno oggi. Triste e dura verità. Dove non arrivano gli accordi, a volte arriva la guerra.

Da un punto di vista cristiano, le armi non vanno mai usate. "Se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra" disse Gesù in un celebre passo del Vangelo. Ma ragionare in modo dogmatico altera la realtà delle situazioni e non fa prendere decisioni decisive, a volte perfino salvifiche. Basti pensare ai Testimoni di Geova, che rifiutano le trasfusioni di sangue - senza le quali potrebbero andare incontro alla morte - per intransigenza nei confronti dei versetti biblici, senza considerare il periodo storico in cui vennero scritti e una lettura interpretativa che vada al di là del messaggio testuale. Lo stesso accade con la guerra, che a volte si rende necessaria per far sì che il bene vinca sul male. Un esempio è offerto dalla Resistenza italiana durante la Seconda guerra mondiale, formata da cittadini comuni - i partigiani - che decisero di armarsi per liberare l'Italia dagli invasori nazisti. Senza armi, il fascismo e il nazismo avrebbero vinto, e il mondo sarebbe stato risucchiato in una infinita spirale di malvagità. 

Come si riconosce il bene? E il male, che spesso si camuffa? Domande lecite, che però meritano un'analisi più approfondita. Semplificando, il bene e il male spesso non sono radicali, e carpirli in un mare di contraddizioni è difficile, se non impossibile. A volte un'azione non è né buona né cattiva, e può essere il risultato di fattori scatenanti esterni; è per questo che esistono i codici civili e i trattati internazionali. Questo editoriale si prefigge il compito di rispondere alla seguente domanda: ha senso partecipare alle manifestazioni, e nello specifico a quelle della pace? A inizio articolo si è affermato che tali iniziative non hanno alcuna influenza sui signori della guerra, in quanto vedono nelle armi l'unica soluzione possibile alla crepa formatasi con il nemico. 

Eppure è fondamentale parteciparvi. Mi vengono in mente le parole di Gandhi: "Qualsiasia cosa tu faccia sarà insignificante, ma è molto importante che tu la faccia". I conflitti cessano in seguito a una sconfitta, a una resa o al ritiro di una delle parti coinvolte, o in merito ad accordi. Davanti a un conflitto, i comuni cittadini che scendono in piazza armati di striscioni sono come formiche brulicanti in un parco giochi: insignificanti. Quante manifestazioni per la pace vennero organizzate negli Stati Uniti durante la guerra in Vietnam? Eppure durò vent'anni, dal 1955 al 1975. In democrazia le decisioni spettano a chi governa, e non agli elettori. 

Tali manifestazioni servono a noi manifestanti, e anche se gli effetti non si notano subito, agiscono comunque nel mondo. Il presente è sempre in divenire, e ciò che accade oggi avrà ripercussioni domani. Far agire in noi stessi la pace, sognarla e produrla con piccoli gesti quotidiani di rispetto, tolleranza e amore, significa non soltanto annaffiare di bene la nostra pianta interiore, ma anche quella di tutti gli altri. Plotino predicava il concetto di anima mundi - che riprese da Platone - nel quale l'anima di ogni essere umano è un frammento di un'unica, immensa anima, contenente tutte le anime esistenti. Un solo cambiamento in una di queste produce modifiche nelle altre. 

Ed ecco che le parole di Gandhi acquistano un significato decisivo per il benessere di ciascun essere umano e del pianeta nel quale abita. Probabilmente quella fiaccola accesa, quella bandiera arcobaleno, quel cammino faticoso, accompagnato dal silenzio e dal rumore di fondo delle lacrime, non farà cessare il conflitto in Palestina, ma almeno avrà smosso la coscienza dell'anima mundi, dalla quale tutti dipendiamo; ha aperto un varco, metafisico e al contempo reale, in cui la pace prenderà forma prima di arrivare alla drastica decisione di aprire il fuoco. 

Questo si intende per fare coscienza, un fare che darà un risultato non subitaneo, ma a piccole gocce, scalino per scalino. Se la pace non viene più esercitata da nessuno, si allontanerà dalla coscienza universale, ma se al contrario viene evocata e compiuta in atti pratici, verrà bramata e applicata. 

I movimenti di massa del Sessantotto portarono a cambiamenti epocali nelle società occidentali. E ritornando a Gandhi - fiaccola che guida l'intero editoriale -, furono le sue politiche e campagne di resistenza civile non violente a far sì che il Regno Unito rinunciasse alle sue colonie in India, concedendo loro la piena indipendenza. Qualcuno noterà la contraddizione tra il pessimismo iniziale e l'ottimismo di queste ultime righe. La domanda sorge spontanea: le manifestazioni servono o non servono affinché cambi in meglio una realtà lacerata da guerre e da odi reciproci? La risposta non si concretizza in secchi sì o no. La risposta consiste nel fare, nell'agire, nel prendere posizione. Il non fare porta soltanto a farci domande faziose e non risolutive. 

Scritto da: Paolo Maurizio Insolia.

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Commenti 4
  • Bruno Bargiacchi

    Ci sono poi esperienze raccontate in italiano in prima persona di operatori del settore, ne riporto solo una, è il video di una intervista in italiano. https://www.dire.it/28-06-2022/754708-professor-alessio-pace-pioniere-medicina-senza-sangue-storia/ Ci sarebbe molto altro da dire, ma mi taccio anche se sono a disposizione per qualsiasi altro chiarimento. Grazie per l’attenzione e l’opportunità. BRUNO BARGIACCHI (4) FINE

    rispondi a Bruno Bargiacchi
    lun 30 ottobre 2023 08:11
  • Bruno Bargiacchi

    La scienza ha apprezzato così tanto la sfida di curare i Testimoni di Geova con la limitazione “niente emotrasfusioni” che dopo anni, visti i risultati, ha fatto delle linee guida a livello Europeo per una medicina “senza sangue” riconosciuta valida e con molti vantaggi anche per chi NON è Testimone di Geova. https://kit.ait.ac.at/patient-blood-managment/ https://health.ec.europa.eu/system/files/2020-03/ies_en_0.pdf Sono articoli in inglese e NON sul sito dei Testimoni di Geova. (3) CONTINUA

    rispondi a Bruno Bargiacchi
    lun 30 ottobre 2023 08:10
  • Bruno Bargiacchi

    Detto questo mi preme sottolineare che i Testimoni non vogliono morire, hanno una rete internazionale di “Comitati di Assistenza Sanitaria” (C.A.S.) perché all’occorrenza i singoli casi vengano trattati nel migliore dei modi dai migliori professionisti ai quali forniscono materiale SCIENTIFICO basato su casi REALI risolti. Questo materiale si può trovare in questa pagina la quale viene aggiornata continuamente in base a nuovi studi, scoperte ed esperienze. https://www.jw.org/it/biblioteca-medica/ Non ci si faccia ingannare dal preconcetto e dal pregiudizio solo perché la pagina è del loro sito ufficiale, se uno si prende la briga di leggerla vedrà che è materiale rigorosamente scientifico copiato dalle pubblicazioni scientifiche mondiali. (2) CONTINUA

    rispondi a Bruno Bargiacchi
    lun 30 ottobre 2023 08:08
  • Bruno Bargiacchi

    Leggendo questo editoriale, dispiace notare come con grande facilità si descrivono Testimoni di Geova come “dogmatici” che somigliano ad integralisti. Infatti qui si legge: ”… ragionare in modo dogmatico... Basti pensare ai Testimoni di Geova, che rifiutano le trasfusioni di sangue - senza le quali potrebbero andare incontro alla morte –“Apprezzo l’uso del condizionale che dice: ”potrebbero” morire. Quindi si ammette che non sono dei fanatici votati al suicidio, in effetti non c’è un solo caso documentato da cartelle cliniche (e non dai media che devono fare articoli di forte impatto emotivo) al quale si possa attribuire la morte in conseguenza di una mancata trasfusione, come del resto non si può dire con certezza che se un caso è così grave una trasfusione potrebbe risolverlo. (1) CONTINUA

    rispondi a Bruno Bargiacchi
    lun 30 ottobre 2023 08:07