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Reddito di Cittadinanza: conquista di civiltà o assistenzialismo?

In questo numero della rubrica "Parliamone di Domenica" ospitiamo un commento dello studente universitario di Lettere Paolo Maurizio Insolia.

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Prima di addentrarci nel vivo della questione è necessario partire da una doverosa premessa: misure di sostegno economico per contrastare la povertà sono vigenti da decenni in tutti i paesi dell’Unione Europea, seppur con notevoli differenze. L’Italia è stato l’ultimo dei paesi europei ad aver varato una misura di questo tipo; il Rei (Reddito di Inclusione) fu infatti approvato nel 2017, sostituito poi dal RDC (Reddito di Cittadinanza), istituito nel 2019 dal governo Conte 1. Rispetto al Reddito di Inclusione, quello di cittadinanza comprende un numero maggiore di beneficiari e l’importo risulta essere più alto, arrivando alla soglia del reddito minimo garantito, sotto il quale non si riescono a soddisfare le esigenze minime di sopravvivenza. 

Fortemente voluto dal Movimento Cinque Stelle – ancora oggi suo cavallo di battaglia – il Reddito di Cittadinanza non è una paghetta statale infinita, e non ha niente a che vedere con la prodigalità, come molti pensano. I percettori devono mobilitarsi per ottenere un impiego, e al terzo rifiuto l’importo mensile cessa di essere erogato. Come abbiamo potuto osservare in questi anni, il Reddito di Cittadinanza è stato oggetto di enormi polemiche a causa dei suoi problemi strutturali, che indubbiamente ci sono e che, se rimarrà in vigore, dovranno essere risolti. Siamo rimasti tutti amareggiati dall’inutilità dei navigator, dai furbetti e dall’inefficienza dei centri per l’impiego. I problemi strutturali del Reddito - comprensibili data la novità della misura e il paese in questione, l’Italia, ineguagliabile in materia di criticità - non possono però celare ciò che di buono ha realizzato: un milione di famiglie estirpate dalle grinfie della povertà.

Il nemico numero uno del Reddito è il centrodestra. Giorgia Meloni, prima donna a ricoprire la carica di capo del governo italiano, ha annunciato che verrà sostituito da una misura meno assistenziale e riservata a una platea minore di beneficiari, ovvero i soli che, per i più svariati motivi, non possono lavorare. Per tutti gli altri niente Reddito, ma la promessa di maggiori ed efficaci politiche attive finalizzate all’inserimento lavorativo.
A mio avviso, il Reddito di Cittadinanza non deve essere abolito. Le ragioni sono molte, ma la più importante riguarda la questione civiltà, condizione caratterizzata da progressi tecnologici, democrazia, stato di diritto, alto livello di istruzione e di benessere, obiettivi che almeno l’Occidente è riuscito a raggiungere. Ciò con cui l’Occidente fa ancora i conti è la povertà dei suoi cittadini.

In Italia il numero di famiglie povere è aumentato durante la pandemia, ed eliminare il Reddito equivale a lasciare milioni di individui in grave difficoltà economica. E’ vero, come dice la Meloni, che le politiche attive devono essere maggiormente efficienti, con tempi di attesa più brevi e maggiori incentivi alle imprese che assumono, ma in alcune zone d’Italia trovare un lavoro stabile e regolare è una chimera, soprattutto al sud. Bollare gli italiani percettori del Reddito di Cittadinanza come nullafacenti è un atteggiamento che non tiene conto della ricchezza del paese, distribuita soprattutto al Nord. La gran parte dei percettori del Reddito infatti sono cittadini meridionali. 

La povertà porta malessere non solo a chi ne assapora l’amarezza in prima persona, ma a tutti coloro che vivono nel suo stesso ambiente. Il benessere e la felicità infatti non sono condizioni raggiungibili unicamente dal rapporto con l’interiorità personale, ma vengono influenzate dall’ambiente esterno. Così sosteneva la più grande coscienza che ha avuto il Novecento, C.G. Jung. Essere circondati da persone disperate che non sanno cosa mettere in tavola per i propri figli, che rinunciano alle cure mediche, che non riescono a pagare le bollette, rattrista l’anima di ognuno di noi. Ogni persona riflette sugli altri le proprie emozioni. Mi vengono in mente le parole di un celebre rapper italiano, Inoki Ness: Senza di te io sono nulla, e tu senza di me sei niente, ne sei cosciente?
Eliminare la povertà significa rendere gli individui - e di riflesso l’ambiente in cui abitano - più felici e in salute. Ovviamente tale aspetto non si limita all’Italia, ma a ogni paese del mondo. 

Il Reddito di Cittadinanza è stato e continua a essere una boccata d’aria fresca per chi non sa dove sbattere la testa. I furbetti - coloro che vogliono mantenere un lavoro irregolare per poter usufruire dei fondi statali - esisteranno sempre e in ogni settore, ma nel caso in questione sono una minoranza insignificante rispetto a chi è stato salvato. Salvato dalla malavita, dall’usura, dalla disperazione. Proponendo la Flat Tax - che oltretutto avrebbe costi onerosi per un paese indebitato come il nostro - e l’abolizione del Reddito, la destra dimostra ancora una volta di essere dalla parte del ceto medio-alto e di disinteressarsi di quello basso, più numeroso e in difficoltà. Creare posti di lavoro non è facile, richiede anni e anni di investimenti, da destinare in particolar modo al sud Italia, troppo spesso dimenticato dai palazzi romani del potere. 
Fino ad allora, il Reddito dovrebbe restare. 

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