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Le Medical Humanities come approccio narrativo alla cura

Articolo a firma di Linda Savelli, dottoressa in tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità

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Medical Humanities Medical Humanities © NCI
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L’espressione inglese “medical humanities”, letteralmente “discipline umanistiche mediche”, proviene dal termine latino humanitas, che tra i suoi significati contiene anche quello di “dignità umana” e “sentimento umano”, considerati nel senso del rispetto della natura propriamente umana presente in ogni singolo individuo. L’affermarsi delle medical humanities oltreoceano avviene in concomitanza con l’emergere di una crisi in seno alle scienze mediche verso la fine degli Anni Sessanta del Novecento, quando negli USA nasceva un movimento contestatorio per i diritti degli ammalati, che richiedeva con insistenza una maggior partecipazione dei pazienti alle scelte terapeutiche in cui erano coinvolti e una maggior responsabilizzazione dello staff sanitario in caso di errore professionale o negligenza.

La necessità era quella di trasformare la salute da una responsabilità individuale del medico o dell’operatore sanitario, in una responsabilità che riguardasse tutta la collettività, anche a livello politico, che comprendesse, dunque, tutti gli aspetti e le implicazioni del complesso rapporto salute-malattia, nell’ottica di un efficace empowerment della salute e del benessere. Rita Charon, fin dal suo Dottorato in inglese nel 1999, è stata una pioniera nel campo del rapporto esistente tra medicina, narrativa e letteratura, quindi, delle medical humanities, ed è autrice del testo fondamentale “Narrative Medicine. Honoring the Stories of Hillness”, in cui tratta ampiamente dei benefici che emergono dall’unione di un approccio narrativo a quello scientifico.

Infatti, secondo questa linea di pensiero, quello che facciamo spontaneamente nelle nostre interazioni quotidiane è scambiarci storie gli uni con gli altri; pertanto, anche la medicina non può sfuggire a questo meccanismo narrativo, ma, anzi, deve integrarlo al suo interno. La narrazione serve, infatti, al paziente per fornire di senso ciò che gli sta accadendo, ma è di grande utilità anche al medico, all’operatore sanitario in generale, che attraverso la narrazione del sintomo da parte della persona sofferente, è facilitato nella formulazione della diagnosi e del percorso di cura da poter proporre a quel determinato individuo e di cui può prevedere in questo modo, con ragionevole sicurezza, la compliance al trattamento proposto.

Per concludere, possiamo dire che con l’espressione medical humanities, ci si riferisce a una pratica della scienza medica che intende promuovere la salute intesa come concetto globale e includente anche gli aspetti economici, politici, ecologici, educativi e sociali e non semplicemente ciò che attiene all’assenza di malattia. Le medical humanities cercano di sanare la frattura, il divario sempre più ampio che nel corso del tempo si è venuto a creare tra le differenti culture delle discipline umanistiche da una parte e delle cosiddette hard sciences dall’altra, al fine di rendere il paziente più attivamente partecipe a quanto attiene ai trattamenti della sua patologia e, dunque, maggiormente in controllo di quanto lo riguarda anche nell’ambito della salute e del benessere.

Riferimenti bibliografici:

  • CALABRESE, S. CONTI, V. & FIORETTI, C., Che cos’è la medicina narrativa, Roma, Carocci, 2022.
  • CHARON, R., Narrative Medicine – Honoring the Stories of Hillness, Oxford, Oxford University Press, 2006.
  • TRAINA, A., Comoedia Antologia della palliata. Padova, CEDAM, 2000.

Linda Savelli

 

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