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I segreti del Mugello Mediceo: Il Magnifico e la strana amicizia con Giovannino da Ponzalla

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I segreti del Mugello Mediceo: Il Magnifico e la strana amicizia con Giovannino da Ponzalla I segreti del Mugello Mediceo: Il Magnifico e la strana amicizia con Giovannino da Ponzalla
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di Fabrizio Scheggi (Tratto dal libro “I SEGRETI DEL MUGELLO MEDICEO”) - Scriveva Lorenzo il Magnifico da Firenze a Gualterotto Bardi (in Vernio) il giorno 7 luglio 1477: “Io ho inteso come Giovannino da Ponzalla di Mugello et uno suo figluolo si sono rifu[gg]iti costì a Vernia nella iuriditione vostra. Poiché hanno ferito a morte uno suo nipote carnale col quale avevano fatto pace per le mani mie più anni sono et insino al presente erano vivuti insieme come si conveniva tra sì stretti parenti,. (omissis).. uno che habbi offeso me tanto manifestamente et habbi fatta sì poca stima dello honore mio; il perché vi prego, se mai ho ad havere da voi alcuno piacere che siate contento piglare detto Giovannino et il figluolo et me li mandiate presi et legati insino qua, che sempre ve ne sarò obligato.” 

L’episodio si collegava alle consuete faide familiari del tempo, ma Lorenzo ritenne opportuno scrivere a Gualterotto Bardi perché l’autore del delitto, per sfuggire alla giustizia, era scappato da Ponzalla in Mugello (dove risiedeva) per nascondersi nei dintorni di Vernio, zona dei Bardi. All’“atrocità del pechato” si sommava il disonore per il principe di Firenze che anni prima era stato arbitro della pace tra i membri di quella famiglia. Era stato dunque leso il suo prestigio, e Lorenzo questo non lo poteva proprio perdonare. Scrisse il giorno stesso anche al Vicario di Scarperia che quell’anno era Pietro di Tommaso Borghini (Petrus de Borghinis) e la risposta non si fece attendere:“.. in verità questo Giovannino ne fa troppe!”.

Insomma, il buon Giovannino era considerato da tutti una testa calda e sembrava non averescampo dato l’enorme vespaio che aveva stuzzicato. E invece… cari lettori avete sottovalutato le risorse nascoste di noi mugellani, un po’ di amor Patrio, e che diamine! Il Magnifico seguì attentamente il caso nelle settimane successive indirizzando nuove lettere al Vicario e a Giovanni Alidosi, signore di Castel del Rio in Romagna dove si presumeva che il reo si nascondesse.

Per il povero Giovannino le cose si mettevano male, anche se in seguito saltò fuori che non c’era stato un omicidio ma un semplice ferimento e nemmeno tanto grave: insomma, tanto puzzo per della robettada poco. Probabilmente Lorenzo quando scrisse la lettera minacciosa non era bene informato sui fatti. La latitanza di Giovannino durò alcune settimane durante le quali spedì lettere a Lorenzo per riguadagnarne l’appoggio ricostruendo l’accaduto ed esponendo il suo punto di vista. Scriveva e scappava Giovannino, scappava e scriveva, un vero fenomeno, direi un grafomane funambolo.Informò Lorenzo che il parente aveva mandato a pascolare ripetutamente buoi in un suo prato dove aveva fatto falciare l’erba da poco (“avendo io uno mio prato lui v’à mandato sua buoi più e più vuolte per força e anco n’à segato una parte colla falcia e quando io gliel’ò ditto o fatto di s’à facto beffe di me”). 

Ai tentativi di cacciarlo aveva reagito aggredendo suo figlio, il quale per difendersi era stato costretto a ferire l’assalitore. Dunque, per Giovannino si trattava di legittima difesa, ma si rimise al volere di Lorenzo dichiarandosi disposto a presentarsi agli Otto di Guardia oconsegnarsi al Vicario e scontare la pena. In un’altra lettera scritta in luglio dal contado di Faenza si rammaricava di “essere venuto in vostra disgratia”. D’improvviso, e direi inaspettatamente, qualcosa cambiò nell’atteggiamento di Lorenzo che rivide gli avvenimenti sotto una diversa luce. Quel furbone di Giovannino da Ponzalla conosceva bene il carattere del Magnifico perché alla fine con tutti i suoi discorsi riuscì a ottenere maggiore clemenza. Soprattutto, il mugellano riuscì a conservare i beni di famiglia dei quali per legge era prevista nei “bandi di ribelle” la confisca.

Sappiamo, infatti, che Lorenzo intervenne con le autorità per evitare che fossero sequestrati e nel frattempo li “congelò” facendoli comprare (badate bene, a suo nome) da Francesco Fracassini,espertissimo agente mediceo a Cafaggiolo; fece persino revocare agli Otto il bando di ribelle. Si adoperò davvero moltissimo per lui, forse più del necessario; un comportamento fuori dalla norma, che si riserva solo a un familiare oppure a un grande amico. Ed era solo un campagnolo il nostro Giovannino; incredibile, roba dell’altro mondo! Alla fine, essendosi schierato il Medici apertamente in sua difesa, nel mese di agosto si costituì e l’atteggiamento di Lorenzo finì per rafforzare i vincoli di fedeltà del mugellano che alla fine scontò solo pochi mesi nel carcere fiorentino delle Stinche. Dal mese di settembre partì dalla prigione una nuova mitragliata di letteredove esprimeva gratitudine al protettore per essergli stata “concessa la vita”; chiedeva“misericordia e non iustitia et cum le zenochie a terra a V.M. me riccomando, pregando quello non voglia a questo mio intolerabil afanno abandonarmi”, lo ringraziava per aver mantenuto i suoi beni evitando la miseria alla famiglia impedendo che “avessono andare mendichando et sparsi per lo mondo”. Insomma, un atteggiamento di devozione lacrimoso e stomachevole. 

Purtroppo, non è finita qui perché alla sua vicenda s’interessò persino, pensate un po’ che potere aveva, la madre del Magnifico, ovvero Lucrezia Tornabuoni in persona. Dal carcere il grafomane Giovannino ringraziòanche lei per il suo intervento citando con sommo studio la “pietà religiosa” che l’aveva guidata; un vero furbastro che sapeva toccare i tasti giusti del pianoforte della vita. Non so dirvi se alla fine lafaida si ricompose; visto gli scappellamenti di Giovannino tutto lascia pensare di sì, e comunque i legami tra i da Ponzalla e i Medici rimasero forti. Ci sono due elementi che lo confermano. Nell’aprile 1478, ancora imprigionato, chiese a Lorenzo di intervenire presso il Vicario del Mugellopoiché in sua assenza erano stati commessi soprusi sui familiari da parte di un nipote. Ora, delle due l’una; o questo Giovannino aveva la faccia come il sedere (per parlar “fino”) oppure chiedere al Magnifico un favore dopo quello che aveva combinato dimostrava un legame profondo tra due uomini molto diversi. Il secondo elemento è ancor più interessante. Dovete sapere che durante la crisi politica del biennio 1478-1479 i Dieci di Balia, di cui lo stesso Lorenzo faceva parte, per la difesa del territorio ordinarono al Vicario del Mugello di “riarmare i compagni di Giovannino da Ponzalla”.

Erano passati pochi mesi dall’uscita di Giovannino dalla galera, e allora verrebbe da dire: ancora tu, ma non dovevamo rivederci più? Chissà quali oscuri legami si nascondevano nel rapporto tra Lorenzo e Giovannino! Pensandoci bene, però, una spiegazione semplice ci potrebbe essere. Era un epoca ancora lontana dagli sfarzi delle corti signorili, un’epoca in cui a ben vedere i rari allevamenti di polli o maiali valevano quasi quanto un sacchetto di rubini. Si perseguiva l’investimento in ville e poderi e i Medici stavano appunto consolidando la crescita in Mugelloanche tramite famiglie come quella dei Da Ponzalla solo apparentemente modeste; benestanti e piccoli possidenti rurali, avevano difatti un vasto latifondo in una zona strategica per quell’estensione verso nord alla quale i Medici ambivano, parlavano lo stesso linguaggio “rustico” di Lorenzo ed erano una famiglia “fedele” con milizie al proprio servizio. Tutti elementi fondamentali per assicurare braccia armate e viveri in caso di bisogno nella turbolenta città del giglio. 

Fabrizio Scheggi

 

Nota dell’autore- per la storia di Giovannino da Ponzalla potete consultare anche il libro 

I SEGRETI DEL MUGELLO MEDICEO disponibile nelle principali librerie del Mugello

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