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Tozzi (FdI) - Il nostro è un territorio fragile, che chiede di essere messo in sicurezza e salvaguardato dopo decenni in cui il tema è stato ignorato.

Pubblichiamo anche il parere di Paolo Pileri ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano.

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“Basta con lo scaricabarile su Governo o comuni, ci sono opere mai fatte in Toscana. Il nostro è un territorio fragile, che chiede di essere messo in sicurezza e salvaguardato dopo decenni in cui il tema è stato ignorato. Oggi ne paghiamo il conto”.

A dirlo è la consigliera regionale di Fratelli d’Italia Elisa Tozzi.

“Ad eventi straordinari occorre una risposta straordinaria da parte delle istituzioni, come ha fatto prontamente il governo nazionale – spiega Tozzi-. Non è il tempo delle accuse ma certamente è opportuno accertare quanto è stato fatto in Toscana per prevenire il dissesto idraulico e idrogeologico” aggiunge Tozzi, che ricorda anche la sua proposta, presentata lo scorso aprile, di modifica allo statuto regionale in tema di contenimento di consumo di suolo. 

Si trattava di una proposta che dava una risposta a temi concreti, ma dalla Regione non abbiamo mai avuto riscontri - dichiara la consigliera Tozzi-. Avevamo presentato una proposta di modifica allo statuto regionale in tema di contenimento di consumo di suolo, una proposta che dava una risposta a temi concreti, ma dalla Regione non abbiamo mai avuto riscontri. La verità è che si è costruito troppo in Toscana. E secondo i dati del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, al 2020, in Toscana, risultano consumati 141.722 ettari di suolo, il 6,17% del territorio regionale. I valori percentuali più elevati del suolo consumato sono proprio nelle province di Prato (14,23%), Pistoia (10,22%), aree particolarmente colpite dall’alluvione del 2 novembre. Ogni anno, in Toscana, vengono consumati centinaia di ettari di terreno. Per questo è necessario un nuovo intervento legislativo che fissi, anche a livello statutario, l’obiettivo di limitare il consumo di suolo. Si sarebbe trattato di un principio che, se inserito, avrebbe indirizzato di fatto i provvedimenti legislativi”.

“Servirà una commissione d’inchiesta regionale per capire se poteva essere evitato il disastro nella Piana di Firenze-Prato-Pistoia - sottolinea Tozzi -. Lo dobbiamo a chi ha perso tanto, se non tutto, portato via dalla furia dei torrenti che hanno esondato nel pratese, pistoiese, nel fiorentino. Gli alluvionati hanno diritto di sapere perché le loro case, le loro auto, i loro beni, acquistati con grossi sacrifici economici, sono stati spazzati via o comunque gravemente danneggiati”.

Di seguito riportiamo anche il parere di Paolo Pileri ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, pubblicato su  Altraeconomia.

La piana che va da Pistoia a Firenze era una naturale vasca di laminazione dei corsi d’acqua che scendono dall’Appennino ma è stata riempita di cemento, fino a soffocarla. Il ceto politico si indigna ma non agisce. I dati e il commento di Paolo Pileri ( ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022) che in un articolo su Altreconomia, fa il punto della situazione.

Uno a otto. Lo diciamo e ripetiamo da mesi, anni. Si tratta del rapporto tra l’acqua che si infiltra nel suolo cementificato e quella che può penetrare in un terreno non cementificato. Quando si urbanizza, si impermeabilizza. E di conseguenza la forza dell’acqua troverà meno ostacoli, facendo più danni. Se il clima è cambiato e piove tanto in poco tempo, dopo mesi di siccità in cui il suolo è diventato meno permeabile di suo, le conseguenze si fanno peggiori. Se nel frattempo Comuni e Regioni giocano a trovare scuse, rimandi, proroghe, deroghe e mirabolanti invenzioni per continuare a consumare suolo, la situazione si aggrava ulteriormente.  Il terreno asfaltato e cementificato moltiplica gli impatti di piogge come quelle toscane, quelle romagnole, quelle marchigiane, quelle liguri. Se poi ci si aggiunge una cattiva manutenzione del reticolo idraulico superficiale, come legname che non viene rimosso e lavori di arginatura che sono stati rimandati, la situazione non può che peggiorare.

La piana toscana che va da Pistoia a Firenze era una naturale vasca di laminazione dei corsi d’acqua che scendono dall’Appennino ma è stata riempita di cemento sempre di più, fino a soffocarla, soprattutto negli ultimi decenni, con imbarazzanti opere: Università sopra aree paludose, grandi edifici militari, ampliamenti aeroportuali, centri sportivi, strade, svincoli autostradali, capannoni e via dicendo. Se è pur vero che il riscaldamento globale ha acutizzato gli eventi estremi, citare questo fenomeno come unico colpevole porta l’attenzione generale più lontano dalla loro responsabilità di politici che poco o nulla fanno.

I Dati

La Toscana, con i suoi 238 ettari (ha) appena cementificati nel 2022, ha 7.886 ettari edificati in aree a media pericolosità idraulica ed è la Regione con la più alta superficie edificata esposta a frane in Italia: 10.518 ettari. Firenze è tra le tre città toscane più impermeabilizzate: 42,6% della superficie. Dati simili per Prato (33,3%) e Sesto Fiorentino (20,8%). E tutti i Comuni della piana hanno cementificato nell’ultimo anno come se nulla fosse. Prato ha esteso la superficie impermeabilizzata di 4,99 ettari nel 2022, Pistoia di 1,11 ettari. Situazione analoga a Campi Bisenzio (+8,86 ha), Sesto Fiorentino (+8,69 ha), Calenzano (+0,31 ha), Firenze (+2,34 ha), Scandicci (+4,35 ha) e Bagno a Ripoli (+5,07 ha).

L'articolo completo del Prof. Paolo Pileri su Altraeconomia lo trovate qui

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