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Ricordi di Pio Chini al Montesenario. Nell'anno 1851

Un periodo di lavoro al monastero, un bello spaccato di vita vissuta

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Interno dei locali dove si produceva la gemma d’abeto  Interno dei locali dove si produceva la gemma d’abeto  © Archivio Aldo Giovannini
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La settimana scorsa, come i lettori ricorderanno, si è svolto al Monastero di Montesenario, un evento conviviale in cui la Delegazione del Mugello dell’Accademia della Cucina Italiana, ha conferito un attestato ai religiosi Serviti di Maria, per la loro secolare produzione della prelibata gemma d’abeto.

Ascoltando dalla viva voce dei padri la storia del loro monastero, ai più conosciuta (basta aprire un qualsiasi libro), in questa nostra rubrica settimanale, vogliamo pubblicare una parentesi di vita vissuta, tratta dal diario manoscritto di Pio Chini ( 1838- 1910), quindi inedita, quando nel 1851 Pio con il babbo Pietro Alessio (capostipite di questa storica famiglia di artisti), andò a lavorare al Montesenario: 

“- MI RICORDO CHE NELLA PRIMAVERA DELL’ANNO 1851 ( PIO CHINI AVEVA 13 ANNI), ANDAI LA PRIMA VOLTA COL BABBO A LAVORARE AL MONTE SENARIO. MI PAREVA DI ANDARE CHISSA’ DOVE!

PARTIMMO DA BORGO A PIEDI DOPO DESINARE E PASSAMMO DAL FONTANINO, IL BOSCO DELLE FONTI, MONTEPULICO, LA MADONNINA DI POLCANTO E LA BADIA DI BUONSOLLAZZO. 

FINALMENTE LA SERA VERSO LE 23, DOPO 11 ORE, ARRIVAMMO AL CONVENTO E MIO PADRE ANDO’ A TROVARE IL SIG. PRIORE PADRE GUIDI E FECE LA CONOSCENZA DEGLI ALTRI FRATI. ALLORA NON VI ERANO NOVIZI, E IN TUTTI ERANO CIRCA 15, E IO IN QUESTA SERA ERO STANCO E MELENSO, SI CENO’ E POI ANDAMMO IN UNA STANZA AL FUOCO COMUNE, E CON TUTTI I FRATI COMINCIAI UN PO A DISCORRERE,

E QUANDO SENTIRONO CHE SAPEVO SERVIRE LA MESSA E CANTARE GLI UFFIZI DELLA MADONNA E DEI MORTI RESTARONO CONTENTI.   

FECI AMICIZIA CON DUE GIOVANI FRATI, FRA ALESSIO E FRA GIUSEPPE, ERANO FRATELLI DI POLCANTO E FACEVANO CARPINI DI COGNOME; IL PRIMO ERA CUOCO E IL SECONDO SERVIVA ALLA MENSA.

FATTO AMICIZIA CON LORO, ATTESI PIU’ ALLA CHIESA E ALLA CUCINA CHE AL LAVORO. BASTAVA CHE ANDASSI DAL BABBO DI QUANDO IN QUANDO A TESSERE LE CORDE PER DIPINGERE GLI ORNATI E PORGERGLI I CIOTOLI DEI COLORI. 

E QUI’ PIO CHINI APRE UNA BREVE PARENTESI. SCRIVE:

“ERA PER ME UN PASSATEMPO LO STARE SUL CAMPANILE CON IL CANOCCHIALE DI MIO PADRE A GUARDARE IL BORGO, FIRENZE, LA PIEVE DI SAN CRESCI, E TUTTO ALL’INTORNO, CHE NON MI SAZIAVO MAI”.

NELLA SETTIMANA SANTA, CONTINUA PIO CHINI, IL PADRE PRIORE VOLLE CHE CANTASSI LE LAMENTAZIONI E STASSI IN CORO CON GLI ALTRI FRATI CHE FECERE BELLE FUNZIONI COME AL BORGO.

QUANDO POI EBBI IMPARATO BENE DOVE ERANO LE GROTTE DEI BEATI FONDATORI, FRA ALESSIO MI MANDAVA AD INSEGNARLE AI FORESTIERI CHE VENIVANO A VISITARE L’EREMO E GUADAGNAVO ANCO BRAVE MANCIE.

IL LAVORO CHE IL BABBO FECE FU IL QUARTIERE DEL PADRE PROVINCIALE CHE RIMANE SULLA TERRAZZA, E ALTRE STANZE E SALOTTI, CHE DURO’ FINO A TUTTO GIUGNO.

ALLA VIGILIA DELLA FESTA DELL’ASCENSIONE SUONAI TANTO LA CAMPANA DELL’OROLOGIO, CHE MI FECE ENTRARE IL DOLOR DI CAPO, E LA MATTINA, IL FRATE LEPRI, FARMACISTA - E’ DA SAPERE CHE VI ERA UNA BELLA FARMACIA, E UNA BELLA GALLERIA - MI DETTE UNA BELLA PURGA COSI’ POTETTI SERVIRE LE MESSE CON LA CAPPA E ALZARE I MANTICI AL PADRE TONINI DI FIRENZE CHE SUONO’ L’ORGANO. 

NELLE ORE CHE AVEVO PIU’ LIBERTA’ GIRAVO PER L’ABETIA IN CERCA DI FUNGHI CHE VI NASCONO DI TANTE SPECIE, CHE SE NE PORTO’ DUE CESTI ANCO A CASA.

FINITO IL DETTO LAVORO, CON TANTO RINCRESCIMENTO SI PARTI’ DAL MONTE SENARIO, PERCHE’ SI STAVA ANCO BENE DI VITTO E ALLOGGIO, PERCHE’ ALLORA ERANO MOLTO RICCHI, AVEVANO LA VILLA DI VALDASTRA CON BEI PODERI CHE GLI RENDEVANO DEI BRAVI SCUDI E ANDANDO PER LE CANTINE CON PADRE ALESSIO A PRENDERE IL VINO, UN GIORNO MI FECE VEDERE UNA GRANDE BUCA DOVE NEL 1848 AVEVANO SOTTERATO 80 MILA SCUDI,… E MOLTO GLI RENDEVA LA MAGNIFICA GHIACCIAIA CHE PER GRANDEZZA ERA L’UNICA IN TOSCANA.  

IL BABBO FU CONTENTO DEL LAVORO SVOLTO AL MONTESENARIO E DOPO UN PO DI RIPOSO RIPRESE IL SUO LAVORO DI DECORATORE, ORNATORE, AFFRESCATORE ED IO FINO ALLA SUA MORTE AVVENUTA NEL 1876 GLI ERO SEMPRE ACCANTO- “. 

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Pio Chini (a Borgo San Lorenzo e A Roma vivono ancora alcuni suoi pronipoti) morì nel 1910. Fortunatamente ha lasciato uno splendido manoscritto di vita vissuta. 

 

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