L’ho inventato io © MM
Spegnete i telefonini e ascoltate il silenzio ordina Alessandra Comaducci all’inizio della performance co-prodotta da Catalyst e Cantiere Obraz, “L’ho inventato io - La storia incredibile di Antonio Meucci” che dopo una settimana di matinè per le scuole è andata in scena in serale al Teatro Corsini di Barberino di Mugello. In una sorta di gabbia di luce, l’attesa di Antonio Meucci, nato nel 1808 di San Frediano, uno dei molti fiorentini che, esportando il loro ingegno, hanno reso grande l’immagine di Firenze nel mondo.
I dialoghi tra l’ex macchinista del Teatro della Pergola e la moglie Ester ex capo costumista catturano il pubblico. Antonio Meucci sperimentatore ingegnoso, visionario, studente all’Accademia delle Belle Arti di Firenze, macchinista teatrale alla Pergola, carbonaro, scenografo al Teatro Nazionale di Cuba, imprenditore a New York, amico e socio di Garibaldi (con il quale aveva aperto una fabbrica di candele poi trasformata in birrificio), nemico giurato di Alexander Graham Bell, ma soprattutto inventore del telefono, spera di riuscire a trovare i 250 dollari che servirebbero per brevettare “Il telettrofono” e tutta la pièce si svolge a pochi giorni dalla scadenza della rata da pagare.
Paolo Ciotti nel ruolo di Meucci riesce a proiettare sul palco l’entusiasmo e la speranza di colui che non vuole arrendersi ai fallimenti mentre la moglie cerca di convincerlo che, frequentare solo gente più povera di loro non li aiuterà a trovare quei soldi che servono a brevettare l’invenzione che ha cambiato il modo di comunicare di tutto il mondo (soldi che naturalmente non trovarono).
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Straordinaria la scena di Ester che deve rammendare un vestito, per un dollaro e facendo fatica a causa della sua artrite reumatoide, è lui che infila l’ago e si mette a cucire.
Lo spettacolo è bello, non facile, ma bello e i dialoghi tra i due sono perfettamente concepiti per essere fruibili anche dai giovanissimi, ed i sogni dell’eventuale vendetta dell’inventore che si immagina nella fabbrica di telettrofoni ad attaccare etichette con scritto “L’ho inventato io, Antonio Meucci” fa quasi tenerezza. Manca solo l’epilogo della situazione nella quale Riccardo Rombi toglie allo spettatore la soddisfazione di saper che finalmente l’11 giugno 2002, a 113 anni dalla morte, Antonio Meucci è stato, finalmente, riconosciuto ufficialmente primo vero inventore del telefono dal Congresso degli Stati Uniti, che ha annullato il brevetto a nome di Alexander Graham Bell.
A 20 anni da quella data, per celebrare questo riconoscimento, Riccardo Rombi ha scritto per gli attori di Cantiere Obraz, Paolo Ciotti e Alessandra Comanducci, un testo sulla vita di Meucci, vero genio fiorentino regalando così al pubblico uno spaccato di storia recente molto interessante e una performance veramente molto bella.


