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Fino a qualche tempo fa circolava la convinzione comune che un buon curriculum vitae fosse il miglior biglietto da visita per la propria carriera. Alimentata da recruiter, uffici di risorse umane, head hunter e agenzie di selezione, tutti i professionisti, nel corso della loro storia lavorativa, perseguivano l’unico obiettivo di curare a fondo il proprio curriculum, sia nei contenuti che nella forma.
Da un po’ di tempo a questa parte, invece, sembra che questo processo sia meno automatico rispetto a prima.
Laurea giusta, master di prestigio, anni di esperienze in multinazionali, dovevano essere sufficienti ad aprire le migliori porte verso una carriera di successo. In parte, lo si crede ancora. La questione è che sembra quasi di non riuscire mai a raggiungere il punto di arrivo.
Nonostante un solido curriculum formativo e professionale, tanti professionisti non riescono a sfondare le porte che desiderano, ricoprire i ruoli a cui aspirano, non con la stessa facilità con cui si riusciva qualche anno fa.
Da cosa dipende questa evoluzione?
A ben guardare, le dinamiche che regolano la selezione dei talenti sono cambiate nel tempo, si sono evolute di pari passo con i grandi mutamenti sociali ed economici che stiamo tuttora attraversando.
Le esperienze accumulate nel proprio curriculum, senza dubbio, ricoprono ancora un certo peso nella selezione, ciò che conta, però, riguarda gli aspetti da mettere in evidenza, il modo in cui lo si presenta e tutto ciò che ruota intorno alle reali chance lavorative di ogni professionista.
Adesso le imprese non guardano più, tanto, a ciò che un professionista sa fare, quanto più che altro ai risultati che è in grado di raggiungere, al valore aggiunto che può apportare all’azienda, al processo che segue, i tempi che impiega, al modo in cui si relaziona alla squadra, si sa adattare ai vari contesti e cambiamenti.
Non contano più tanto le esperienze, quanto effettivamente le competenze maturate e il modo in cui le si sa declinare nei vari contesti di lavoro.
Tra l’altro, il processo di selezione pone al centro il curriculum vitae, solo in minima parte. Appurato il bagaglio di conoscenze e competenze, la valutazione che ogni recruiter effettua, segue un processo a 360 gradi, spaziando dal personal brand del singolo professionista, la sua reputazione online, il modo in cui cura i social, i suoi interessi e non ultime le relazioni che intesse, dentro e fuori la rete.
Ecco allora che ogni professionista interessato a fare carriera, almeno nelle realtà più al passo con i tempi, non deve più solo preoccuparsi di fare bene il proprio lavoro, quanto di ottimizzare al massimo la propria organizzazione, le performance, la capacità di tenersi sempre aggiornato, di alimentare costantemente il networking e, cosa più importante, costruirsi una valida reputazione online.
La ragione di questa evoluzione, nella valutazione dei professionisti, riguarda essenzialmente la necessità crescente, da parte delle imprese, di ingaggiare sempre più lavoratori produttivi, intraprendenti, flessibili, con buone doti relazionali e problem solving. Il professionista, oggi, deve portare il suo valore in azienda e non più eseguire meramente ordini o sbrigare mansioni meccaniche.
Va da sé che tanti professionisti incontrano difficoltà nel superare le selezioni, poiché non sanno ancora esattamente come affrontare queste nuove esigenze aziendali.
In effetti, un modo rapido per imparare determinate competenze e soprattutto valorizzarle non esiste, perlomeno se non lo si è mai fatto.
Ecco allora che le più grandi e prestigiose scuole di formazione hanno messo a punto appositi corsi per insegnare esattamente come valorizzarsi nel curriculum, online e, più di tutto, come portare valore aggiunto alle aziende.
Spesso, infatti, non serve investire risorse importanti in formazione, ma quanto basta per apprendere e colmare le lacune.
24ORE Business School, ad esempio, ha messo a punto un catalogo di corsi online, accessibili e facilmente fruibili da ogni professionista, incentrati esattamente su tutto ciò che serve per lavorare bene, valorizzare il proprio curriculum e ottimizzare i tempi lavoro-vita privata.
Da sempre attenta alle evoluzioni di mercato e al modo in cui si adattano le imprese, 24ORE Business School è tra le prime scuole ad aver dedicato un’attenzione precisa alla formazione extracurricolare e focalizzata maggiormente sulle soft skill.
Frequentare percorsi come riconoscere e comunicare bene le diversità, alla luce della multiculturalità che spesso caratterizza i team delle grandi multinazionali, vuol dire procurarsi strumenti di gestione efficace delle relazioni, in azienda, molto ben visti dai manager. Le competenze comunicative, come anche la capacità di ascolto attivo, di organizzazione del tempo, di problem solving, fino all’automatizzazione dei processi attraverso le più moderne tecnologie fondate sull’Intelligenza Artificiale, sono tutti plus che fanno la differenza all’interno del CV. 24ORE Business School, infatti, le ha racchiuse tutte all’interno di un unico percorso denominato Reskilling Pack, utile ad aggiornare le proprie competenze personali.
In questo senso allora, si può sintetizzare che il curriculum riveste ancora un ruolo importante, nei processi di selezione, ma il suo vero successo dipende dal modo in cui si presenta il proprio modo di lavorare e anche il circuito in cui si è inseriti.


