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Il terremoto turco/siriano e il disinteresse della politica per il bene pubblico

Quanti morti si sarebbero evitate se le infrastrutture fossero state a norma antisismica? Come sempre, la colpa è di una politica ipocrita e corrotta

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Terremoto Turchia Terremoto Turchia © Wikipedia
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7.8; è questa la magnitudo della prima scossa che il 6 Febbraio ha messo in ginocchio parte della Turchia e della Siria. Una magnitudo spaventosa, considerando che quella che rase al suolo Amatrice nel 2016 fu di 5.9. Il sisma ha causato migliaia e migliaia di morti. Morti dolorose e spaventose, avvenute sotto le macerie di quello che è, o dovrebbe essere, il posto più confortevole e sicuro al mondo: la propria casa. Morti spesso lente, che arrivano al termine di urla divenute sospiri, e di braccia, prima tese verso qualcuno o qualcosa, stese ora al suolo per mancanza di energia e speranza.

La Turchia e la Siria, due paesi uniti da un destino comune, o meglio, da una tragedia comune. I terremoti sono imprevedibili, noi italiani lo sappiamo bene, ma spesso - come in questo caso - vengono annunciati con largo anticipo. La terra sopra cui ci muoviamo è imperfetta, come tutto in questo mondo, e le azioni della natura non conoscono né moralità né immoralità. La natura è al di là del bene e del male. Essa fa ciò che deve essere fatto; si muove senza un perché, e non ha a cuore la salute altrui. 

La tigre che si ghiotta di un cervo compie un’azione naturale, ed è indifferente alle lacrime dell’animale. In un video divenuto famoso, un attivista vegano comunica alla platea che insieme a un gruppo di collaboratori avrebbe tentato di insegnare ad alcuni animali carnivori a diventare vegetariani. Vittima della sua ideologia, credeva ingenuamente di poter manipolare la natura a proprio piacimento. Gli istinti, almeno negli animali, derivano dalla loro biologia, e non c’è niente da fare. Vero è che l’uomo, così come tutti gli esseri viventi, ha sempre cercato di difendersi dagli attacchi della natura, ma non avrà mai la facoltà di controllarla e di stravolgerla. Le stagioni esisteranno sempre, così come i temporali e i terremoti. 

Tutto questo per dire che se è impossibile avere il controllo totale della natura, abbiamo però il potere di limitarne i danni. La memoria collettiva ritorna così ai primi uomini fabbricanti scarpe rudimentali per un cammino più confortevole e indumenti per proteggersi dal freddo; ritorna ai medicamenti antichi, somministrati spesso con l’ausilio della magia, e alle abitazioni dove ripararsi e trascorrere la propria esistenza privata. Da allora l’uomo ha fatto progressi enormi, in ogni campo, dalla medicina all’ingegneria, e ha trovato il modo di proteggersi dai terremoti, fenomeni naturali che purtroppo non può evitare. Come? Rendendo gli edifici a norma antisismica. 

I governi di Siria e Turchia non hanno attuato gli interventi necessari a questo proposito, ed ecco i risultati. La politica è ciò che ci consente di vivere una vita tranquilla, al riparo da calamità non solo naturali, ma anche economiche e sociali, e quando è corrotta e i suoi rappresentanti si disinteressano del bene comune, il territorio su cui agisce diviene in balia degli eventi. La Siria, governata dal sanguinario Bashar Al Assad, era un paese già martoriato dalla povertà, dalle divisioni interne, dalla guerra tra esercito e ribelli conclusasi nel 2016 ma che ribolle ancora tra gli animi della popolazione, e accentuata dalle sanzioni. Gli edifici, infragiliti dai combattimenti, sono crollati come castelli di carta, e gli aiuti internazionali degli anni scorsi sono finiti dritti nelle tasche del regime, che li ha usati per arricchirsi e non per sfamare i suoi cittadini e rendere sicure le infrastrutture. 

La Turchia, capeggiata da Erdogan, nell’ultimo periodo è stata vittima di una svalutazione monetaria che ha portato a un’inflazione insostenibile per la maggior parte della popolazione, e l’AKP, primo partito dal 2002, non ha mai fatto l’interesse pubblico. Eppure la Turchia è sempre stata soggetta a fenomeni sismici gravi, come quello avvenuto nel 1999, che uccise 18.000 persone. La Turchia sorge sull’Anatolia, penisola bagnata dal Mediterraneo, che nell’antichità era chiamata Asia Minore. Una regione florida l’Anatolia, abitata un tempo dall’impero persiano, padre di una cultura amata così tanto da Alessandro Magno da volerla fare confluire in quella greca, e che adesso piange molti suoi figli. 

Perché la politica non ha fatto di tutto per prevenire una strage del genere? Mi chiedo a cosa serva per un politico possedere ingenti quantità di denaro, ricevuti per mano della corruzione e di brogli vari, se poi vive in un paese insicuro e sull’orlo del precipizio. Il benessere non è tale se non è condiviso. Governare implica delle responsabilità, e la prima di queste è provvedere alla salute dei cittadini. I governanti, in presenza o meno di democrazia, vedono arrivare il tramonto delle loro cariche quando non compiono i loro doveri, e spesso accade durante eventi catastrofici, come questo.
Forse è la volta buona che la Siria e la Turchia si liberino di due regnanti autoritari e senza il senso del bene pubblico. 

Autore: Paolo Maurizio Insolia

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