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Successo al Giotto di Vicchio per lo spettacolo tratto dall’autobiografia della Cecconi

Anna Meacci strepitosa in “Romanina”

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Giotto Vicchio Giotto Vicchio © NN
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“Ma l’amore no, l’amore mio non può disperdersi nel vento con le rose…” ed entra in scena Lei, nella parte di Lei ex Lui per “Romanina” il bellissimo spettacolo scritto da Anna Meacci e Luca Scarlini andato in scena al Giotto di Vicchio domenica 19 novembre alle ore 18, anticipato da un queer talk, in collaborazione con ‘Le Plurali’ Nello spettacolo cult della Meacci c’è tutta la vita di Romano Cecconi, dal collegio dove si sentiva Eleonora Rossi Drago, alla sartoria dove lavorava di giorno “Un punto e un sospiro…oh Romano!” alle passeggiate sui lungarni tra gli apprezzamenti di tutti, ai verbali dei carabinieri.

Era la Romanina, la più bella di Firenze, la donna pipistrello (mezza topa e mezzo uccello) titolo anche del film di Matteo Tortora e Francesco Belais, del 2015, riportata in scena da un’Anna Meacci straordinaria in questa pièce che da molti anni riscuote eccezionali successi nella quale ripercorre la vita di Romano Cecconi trasformato in Romina da quel chirurgo svizzero che assomigliava ad Alberto Lupo, che sotto una cascata di petali di rosa le cambia la vita, una vita scandita dal successo, dalla solitudine dagli arresti in un racconto che la grande attrice ha tratto da “Io la Romanina” autobiografia di Romina Cecconi, nato Romano, poi transessuale operato nel 1967 e diventato donna. Per questa sua scelta, non nascosta, ma anzi sbandierata che la rese famosissima, persino Mauro Bolognini  volle dedicarle "C'era una volta un ragazzo: la vita di Romina Cecconi" documentario RAI e si occuparono di lei (ed in quel caso anche della sua amica Silvia) anche trasmissioni cult come “Odeon”.

Dagli inizi col Circo Gratta alla solitudine di Parigi (sempre con la Silvia) come vedettes di Madame Arthur, poi il cambio di sesso, la galera dove riusciva a fare spettacolo con la sua ombra proiettata sulla facciata di fronte, il confino e l’amicizia con le donne del paesino e nuovamente la galera, però in un carcere femminile che, sostiene la Cecconi sia stato la vera spinta al suo riconoscimento legale di donna.

La Meacci è straordinaria nel suo vestito nero di paillettes sormontato da una pelliccia bianca a raccontare una vita di successi e solitudine di un personaggio che ogni domenica aveva un articolo su “La Nazione” che per anni è stato un simbolo della vita notturna fiorentina e mentre “Fragile” di Mina riempie il teatro pieno la Meacci-Cecconi sparisce nel nero, per ritornare poi a prendersi gli applausi che una performance come questa merita. Si! Se li merita tutti! “Così fragile, Dal profondo del mio inferno canto fragile, Dai miei sbagli e da un dolore da difendere, Finché l'ultimo respiro stanco mi sorprenderà, Così fragile”.

 

 

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