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1° agosto. Parliamo (ancora) di alberi in una data non casuale

Tutti ricordiamo cosa successe il 1 agosto del 2015 quando si scatenò su Firenze una tempesta mai vista.

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progetto di forestazione urbana per Calenzano progetto di forestazione urbana per Calenzano © OkNews24
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Sono passati solo 8 anni eppure pare un'epoca fa.
Non c'erano le sollecitazioni ambientaliste di oggi, Greta Thumberg era ancora all'asilo, gli imbrattatori di "ultima generazione" forse alle scuole elementari e anche alla nostra latitudine per la prima volta, brutalmente ci si trovò a fare i conti con tempeste mai viste.
Due "avvisaglie" c'erano state a settembre 2014 e a marzo 2015 quando tempeste simili buttarono a terra in un caso parte della foresta di Vallombrosa nell'altro i pini della storica Versiliana.
Erano i primi effetti dei cambiamenti climatici ma nessuno ci credeva e anzi... si pensava che fosse l'assessore all'ambiente Alessia Bettini a portare sfortuna!

Quel 1° agosto sulla parte orientale della città successe l'incredibile. Doveroso prima di tutto ricordare che ci fu una vittima, perché purtroppo gli alberi uccidono. Alessio Sabatini era un diciannovenne di Montemurlo che stava pescando sulle rive dell'Arno quando venne colpito da un ramo. Morì dopo oltre due mesi di agonia. 

Fu la prima volta che sentivamo pronunciare la parola downburst, un aglichismo necessario perché per trovare qualcosa di simile si doveva cercare nella metereologia Usa abituata agli uragani. 
Tecnicamente si può tradurre in italiano in raffica discendente, è trattasi di un fenomeno meteorologico consistente in forti raffiche di vento discensionali con moto orizzontale in uscita dal fronte avanzante del temporale con folate che possono raggiungere velocità elevate, prossime o superiori ai 100 km/h. 
Così successe quel tardo pomeriggio a Firenze. In tre quarti d'ora si rovesciarono sulla città circa 3000 fulmini e 35 millimetri di pioggia con raffiche di vento che raggiunsero i 150 km/h!

Le conseguenze furono enormi. Devastati i parchi di Anconella e Albereta e 1241 furono nei soli Quartieri 2 e 3, gli alberi distrutti.
Danneggiate anche alcune scuole e diversi edifici monumentali, tra cui la Basilica di San Miniato e lo stesso Palazzo Vecchio, dove si verificarono infiltrazioni d’acqua. Decine le case e i palazzi danneggiati e le auto distrutte. 
La reazione della città, come sempre è accaduto in circostanze simili, fu immediata e ricca di determinazione, con centinaia di operatori professionali e di volontari subito al lavoro per il superamento dell’emergenza e migliaia di cittadini impegnati nel ripristino di case, fondi, cantine, esercizi commerciali.
In questi anni, caratterizzati da un percorso di progressivo recupero, ci siamo ripresi almeno dalle ferite più profonde, basti pensare al ritorno alla vita di polmoni verdi come i parchi dell’Albereta e dell'Anconella ma....

Abbiamo imparato qualcosa da quella lezione? Abbiamo preso coscienza con senso critico di cosa stia succedendo mettendo da parte certi estremismi ambientalisti ridicoli?

Eppure mentre in Cadore (a pochi anni dalla tempesta Vaia) nei boschi gli alberi sotto una forte tempesta cadono ancora come fuscelli, mentre si registra la cronaca nera dei morti per cadute alberi e giusto pochi giorni fa a Milano è successo qualcosa di simile a cosa accadde a Firenze il 1 agosto 2015 purtroppo con tanto di vittime, c'è chi crede che bisogna difendere gli alberi a prescindere...

Nei giorni scorsi sono passata dal viale Manfredo Fanti dove era appena stato rimosso un albero che qualche residente a vista aveva definito sano e urlato all'ennesimo scempio ambientale,
Sono passata per verificare se davvero alla direzione ambiente del comune di Firenze fossero tutti impazziti decidendo di abbattere alberi sani ed ho visto una ceppaia "gruviera".
Un enorme buco al posto del tronco...

Cosi ho chiesto lumi al dottor Stefano Berti Presidente della Foresta Modello delle Montagne Fiorentine fresco da un incontro al ministero dell’Agricoltura della Sovranità alimentare proprio per affrontate e approfondite le diverse problematiche inerenti il ruolo della gestione forestale sostenibile per il contrasto al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità.
L'ho fatto perché quando si parla di alberi da qui si deve partire senza dimenticare le lezioni delle scuole elementari sulla fotosintesi clorofilliana perché. I polmoni verdi  sono quelli che garantiscono la nostra sopravvivenza.

"Sull'argomento siamo disinformati" esordisce Berti. Anzi, oggi quello che sappiamo è frutto di una non informazione che genera grossolani errori anche perché "la nostra società - specifica Berti - è città centrica. Siamo focalizzati sulla città anche quando parliamo di verde e questo conduce alla non conoscenza della realtà. Abbiamo perso culture e saperi che chi viveva nel verde aveva."

Chi vive in campagna o in montagna con il verde ha un rapporto quotidiano. Sa che esso è vivo e vitale e anche chi come noi si occupa di foreste modello sa bene che il punto chiave è qui nelle foreste e non in città ricordando sempre però che il paesaggio è creato anche dall'uomo."
La maggior frequenza di eventi estremi è oggi chiaro a tutti il frutto di una cattiva gestione umana. "Non siamo in grado di dimostrare a breve che quello che dicevamo era giusto, ma l'uomo che come ho detto è determinante anche per la gestione della foresta nell'ultimo secolo ha cercato spazio per soddisfare le sue esigenze in tempi troppo brevi"

"Piantare più alberi ovunque pare sia l’unica soluzione per mitigare i cambiamenti climatici ma non è vero. Bisogna ridurre le immissioni soprattutto nei giganti dell'industria che vanno a carbone e penso alla Cina, all'India e a tutti i paesi in via di sviluppo. Ecco, li serve piantare gli alberi e saperli gestire".
Penso alla "Grande Muraglia Verde" che dovrebbe attraversare il continente africano dall’Etiopia al Senegal per 8mila km di lunghezza e 15 km di ampiezza per contrastare l'emergenza climatica e che è un gran progetto dal 2005 ma che nei fatti, nonostante ad oggi siano stati piantati milioni alberi, va troppo a rilento. 
Triste dirlo ma evidentemente prevale l'interesse economico altro sull'interesse ambientale.

Tornano a noi Berti sottolinea come siano molteplici i benefici degli alberi che non solo ci aiutano a purificare l'aria e ad ombreggiarci ma sono fondamentali per la regimentazione delle acque e la stabilizzazione dei versanti di monti e colline
Cose note? Può darsi ma troppo spesso dimenticate basta vedere i recenti disastri in Romagna.

Quanto alla cosiddetta forestazione urbana il dottor Berti ha qualche perplessità. Capisco che è la parola equivoca a non piacere. "Le radici degli alberi hanno bisogno di respirare e col catrame e il cemento è difficile."  "Adesso vedo che stanno mettendo intorno agli alberi una piccola aiuola, ma  la pianta per respirare deve aver spazio perché marcisce da sotto e non si vede. Il punto più a rischio è il bagnasciuga perché è lì che i funghi possono attaccare la pianta"
Gli alberi in città per crescere sani e rigogliosi devono avere le radici in terra (e non sotto il catrame e il cemento) quanto la loro grandezza che sotto terra è grosso modo tanto quanto la chioma verde.
Sulla vitalità degli alberi in città e la necessità di loro ricambi traete le vostre conclusioni...

Ma andiamo via dalla città e torniamo nella Foresta con la effe maiuscola, quella di cui Berti e presidente e che rappresenta da oltre un decennio l'unica "Foresta Modello" italiana.
Una foresta che adesso sta facendo da tutor alla seconda che sta nascendo in Abruzzo e che al Ministero ha avuto il beneplacito del Presidente Mondiale dell'associazione che è venuto apposta dal Canada.

Una foresta che nasce da un approccio che viene dal basso e che è paesaggio, condivisione, sostenibilità anche economica per quelle zone montane che i burocrati definiscono "marginali".
Una foresta modello per una corretta gestione delle aree boscose che "alleva" nella sua scuola  di Rincine (Londa), unica per tutto l'Appennino, gli operatori forestali che poi formeranno localmente le "sentinelle" delle aree verdi nazionali.

Una foresta modello non solo nel nome ma anche in quello che ha rappresentato, che rappresenta e che rappresenterà. 
Basti in quest'ottica guardare all'obiettivo ormai in dirittura d'arrivo della "terapia forestale". Quattro percorsi diversi studiati insieme a Cai e Cnr che hanno sviluppato dei protocolli sanitari per "certificare" l'utilizzo della foresta per scopi terapeutici fisici e mentali. Un progetto unico per come è studiato sviluppato con Regione Toscana.

Un ulteriore esempi, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che alberi e uomo sono a tutti gli effetti complici e il secondo deve capire bene come usare le qualità del primo.

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