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I segni del Sacro sui cammini

Un articolo di Alfredo Altieri che ricorda i segni religiosi sulle strade e cammini

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Una Maesta ai bordi di una strada Una Maesta ai bordi di una strada © Cai
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Maestà, pilastrini, edicole, tabernacoli con questi nomi e altri termini vengono indicati quelli che sono i segni più tangibili della religiosità popolare, sono “presenze” numerose anche sul nostro territorio. Al loro interno custodiscono statuette e bassorilievi in terracotta o ceramica, oppure quadretti e affreschi e il soggetto più frequentemente rappresentato e quello di Maria Vergine, oppure di santi dei quali vi sia una particolare devozione sul territorio.

Oggi, però, queste testimonianze ci appaiono come opere d'effetto, forse per la loro collocazione, posizionate spesso in punti panoramici del paesaggio. Per capire il significato di tali opere e il messaggio che queste rappresentano bisogna recuperare il valore del cammino, strettamente legato alla loro costruzione. Sono segni sistemati in sentieri, mulattiere e carrozzabili per non smarrire la strada, punti di riferimento per scandire i tempi di percorrenza, ma soprattutto essi rispondevano all'esigenza di ricordare al viaggiatore la presenza costante e protettiva del divino.

Riavvolgendo il segno del tempo, forse è più facile capire il messaggio di un mondo nel quale la religione costituiva l'elemento centrale della vita, fino a sacralizzarne tutto lo spazio con tabernacoli, maestà e croci viarie.

Questi segni di religiosità popolare, di devozione dei poveri e dei semplici, viene tradotta generalmente, come “sete di Dio”. Senza dubbio, oltre a quanto sopra accennato, queste costruzioni infondevano un senso di protezione per chi si muoveva, considerando la solitudine e la pericolosità dei viaggi nei secoli passati ed è altrettanto certo, che percorrendo un sentiero ci si accorge come veramente queste opere accompagnassero il viaggiatore e gli indicassero la strada, ma in questo contesto era comunque presente una forte ispirazione religiosa.

Ma quale fu il rapporto tra culto popolaresco e religiosità ufficiale? Si può affermare, che il culto popolare verso queste immagini, finì per imporsi e fu accettato anche dalla religione ufficiale, pur non essendo emanazione della cultura della Chiesa e, forse, per questo motivo le immagini verso le quali si rivolgeva la devozione popolare, in massima parte, furono ignorate delle autorità ecclesiastiche e raramente indicate nelle Visite Pastorali; almeno fino a quando un miracolo non le toglieva dall'anonimato, come ci confermano alcuni tabernacoli e cappelle, in seguito trasformate in Santuari.

Va detto, anche, che un “barbaro collezionismo”, non di rado, si impadronisce di queste testimonianze, e ricordare le motivazioni che spinsero alla realizzazione di tali opere, forse può indurre a comportamenti migliori.

Alfredo Altieri

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