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Alluvione di Firenze: Franco Giaccherini e i giorni della grande acqua

Una testimonianza in prima linea: la paura e l'ingenuità di un bambino che si trovò faccia a faccia con la forza devastatrice dell'Arno e il fango di Firenze.

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1966 - Alluvione di Firenze (58 anni fa) 1966 - Alluvione di Firenze (58 anni fa) © Wikipedia
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Ricordo perfettamente che da tre giorni forse quattro pioveva ininterrottamente sulla mia città, Firenze, non una minima apertura fra le grigie e pesanti nuvole che, quasi ininterrottamente, da giorni ormai, non facevano che piangere acqua dal cielo. E fino a quel momento nulla faceva presagire quello che di lì a poco sarebbe tragicamente accaduto. 

Tutto iniziò dal giorno primo di Novembre, Giornata molto piovosa, sembrava fino a quel momento abbastanza normale e regolare, del resto, il mese di Novembre è sempre stata una stagione abbastanza piovosa, ma nulla faceva benché minimamente presagire quanto poi sarebbe accaduto di lì a breve. Nel 1966 avevo 10 anni ne avrei fatti 11 a Febbraio. A scuola barcamenavo, ero bravo in Storia, Geografia, Scienze, Italiano, ma, in matematica ero veramente una frana (e lo sono tutt'ora),ho sempre avuto una certa avversione per quella materia, sì, forse l'ho addirittura odiata. Ricordo ancora che, quando c'era l'interrogazione da parte della mia maestra, io, mi facevo piccolo, piccolo, nel mio banco, nella vana speranza di non essere visto. Cosa che, regolarmente veniva disattesa.

Così, il giorno 4 Novembre, ricordo che mio padre, fra tutti i miei fratelli venne a svegliare proprio me. Faccio una precisazione, noi, siamo, o meglio eravamo dieci fratelli, la nostra famiglia era composta da dodici persone, dieci fratelli più mio padre e mia madre, io ero il quarto nato tra i miei fratelli. Come scrivevo, mio padre mi svegliò con voce perentoria dicendomi di andare al negozio di alimentari, che era situato non molto lontano da dove abitavamo noi, circa un centinaio di metri era situato in una stradina laterale alla nostra, una piccolissima bottega di alimentari, di quelle botteghe che allora, avevano licenze di vendita multi merce, (mi si passi il termine, forse poco ortodosso), di articoli più disparati, dalle sigarette al pane, dalle caramelle stipate in grandi barattoli di vetro con il tappo in metallo. Si comperavano sciolte, quelle alla frutta ricoperte di zucchero in granelli, le liquirizie a forma di rotoli, e/o bastoncini da succhiare... Vendeva anche, ricordo, le ciabatte o pantofole da casa, i grembiuli di scuola ecc. insomma, più che una bottega di alimentari sembrava un bazar tipo quelli del Marocco o comunque quelle botteghe Africane che vendono un po' di tutto.

Uscii dalla porta di casa e scesi le scale, noi abitavamo al primo piano, ma, quando arrivai al penultimo gradino mi accorsi che il primo ed il secondo gradino erano completamente sommersi dall'acqua. Feci subito dietro front, e mi apprestai a rientrare in casa, suonai il campanello e aprì mio padre stesso. Allora, sforzandomi di trovare le parole giuste, riferii a mio padre ciò che avevo visto giù nell'atrio del nostro palazzo, ricordo ancora bene che, mio padre dapprima non mi credette e mi esortò a mo' di ordine di andare al botteghino di alimentari che, allora era gestita da un piccolo uomo, minuto e piuttosto basso, tanto che noi di famiglia lo avevamo appellato con il nome di "omino".

Io, insistetti affinché mio padre venisse a vedere se, quanto da me riferito era vero, mio padre, ricordo bene, assai seccato venne con me a vedere. Quando fummo giunti quasi alla fine della scala del palazzo vide che non avevo affatto cercato una scusa per non andare, ma, lui, non si perse d'animo, tornò in fretta e furia in casa e, ricordo benissimo, iniziarono a rovistare negli armadi alla ricerca di un abbigliamento che avrebbe dovuto proteggermi (secondo lui e mia madre), da quell'acqua, si trattava di una tuta da sci che per altro, non era mai stata utilizzata da nessuno di noi. Mi calzava perfettamente, così, terminata quella vestizione, ignaro dei problemi che quella stessa tuta mi avrebbe dato, mi riavviai verso la porta di casa e uscii. Arrivato in fondo al pianerottolo, sentivo quel il gelido liquido che entrava da sotto le mie scarpe e caviglie ma, mi feci coraggio e uscii.

Il portone era fatto di legno e ferro con i vetri, ed era chiuso, ancora non era uscito nessuno, così quando lo aprii, sentii tutta la forza dell'acqua che entrava dentro l'atrio del palazzo, a passi lenti con l'angoscia e la paura uscii fuori sulla strada. Non avevo mai visto una cosa simile. Con non poca paura, mi misi in cammino verso la bottega, la mia destinazione, a quell'ora, ancora potevano circolare le poche auto che ho visto in quel frangente, ma, ogni auto che passava seppur lentamente, formava una sorta di onda che, mi faceva traballare e a volte anche cadere. Ero completamente fradicio e zuppo d'acqua, mi entrava da sotto, fino alla vita, poiché nel frattempo il livello si era alzato rapidamente. Mi feci coraggio o perlomeno tentai quelle poche auto che ancora tentavano di circolare mi creavano non poca difficoltà nell'attraversare la strada. Allorché giunsi in quella botteghina, vidi "l'omino" intento ad alzare la merce dal suolo, quella che aveva depositato a terra. Dopo qualche attimo potei chiedergli ciò che mi serviva, mi dette zucchero e caffè da macinare, allora il caffé era solo in chicchi, passarono pochi istanti, nel frattempo il livello dell'acqua era salito di almeno 15 o 20 cm. Avevo la vita completamente sott'acqua e, il freddo di quell'acqua gelida mi pungeva tutto il corpo.

Non capivo se bruciavo o ero intirizzito dal freddo. Ripresi la strada verso casa, strusciando i piedi nell'asfalto per tastare il suolo nella paura di inciampare in qualche buca sommerso, come ero dall'acqua, l'acqua intanto sai era fatta completamente marrone con delle vistose chiazze bluastre e multicolore. Solo in seguito capii che quelle chiazze erano dovute alla fuoriuscita di benzina e gasolio dalle cisterne, ormai sommerse dall'acqua dei serbatoi dei vari palazzi. Mi sembrava l'Apocalisse... trovo difficile ricordare tutti i dettagli di quegli istanti ma, furono veramente tragici.

Quando giunsi finalmente al portone del mio palazzo, tirai un sospiro di sollievo. Ero finalmente a casa, ma, la paura era tanta, nel frattempo l'acqua continuava a salire minuto dopo minuto, attimo dopo attimo. Mi è difficile tutt'oggi ripensare a quei tragici momenti. Certo, chi non ha vissuto quell'esperienza difficilmente potrà comprendere lo stato d'animo di un bambino-ragazzino, delle indelebili tracce che questa vicenda mi ha lasciato dentro. Ho potuto vedere anche un deceduto annegato nella furia del nostro fiume e, non sono cose che si dimenticano facilmente, sono ferite morali, personali che ognuno vive a modo proprio.

Questa tragedia ha tolto la vita a diverse persone, solo a Firenze ne morirono 17 mentre nel circondario altre 18, almeno questi sono i dati della Prefettura. Io personalmente prestai la mia opera offrendomi come volontario vigile del traffico per altro molto poco caotico, traffico automobilistico, e alla ricerca di oggetti preziosi e non con e verso la gente anziana che avevano perso tutto o quasi, voglio augurarmi anche che tutta quella sorta di errori commessi in quel frangente non si ripeta mai più. Errori fra fraintendimenti, sottovalutazione dei vari problemi ed emergenze giunte con ritardo estremo. La lentezza a prendere i dovuti provvedimenti del caso e a valutare in anticipo la portata di simili tragedie, quando possibile.

Franco Giaccherini
Giornalista iscritto all' U.S.P.I  Unione Stampa Periodica Italiana dal 1971

 

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