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Esiste una seconda Gioconda? Un libro svela il mistero

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Esiste una seconda Gioconda? Un libro svela il mistero Esiste una seconda Gioconda? Un libro svela il mistero © n.c.
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«E’ una storia che ho voluto raccontare in forma narrativa, cercando di coinvolgere il lettore in quelle che per ora sono soltanto ipotesi. Ma ipotesi affascinanti». Lunedì alla Feltrinelli di Firenze, Silvano Vinceti, coordinatore del Comitato nazionale per la valorizzazione dei Beni storici e culturali, non si è perso in chiacchiere. Storico di fama mondiale, noto per gli studi sul Caravaggio, è da anni al centro della cronaca nel tentativo di dare un nome alla modella che ispirò la mano di Leonardo per la Gioconda. Mesi fa Lisa Gherardini, nobildonna fiorentina e moglie di Francesco del Giocondo, ha superato tutte le altre contendenti in corsa (e che contendenti: Pacifica Brandano, Caterina Sforza, Isabella d’Aragona), accaparrandosi ante litteram il ruolo di celebrità fuori dal tempo. Di più. L’uso metodico di tecnologie specialistiche, Photoshop avanzato e documenti archivistici ha avallato un’altra suggestione: la Gioconda sarebbe androgina, grazie all’innesto sulle fattezze della Gherardini dei tratti dell’allievo prediletto del maestro, tale Gian Giacomo Caprotti, detto il Salai (qui articolo e video-ricostruzione). Eccellente pittore, controverso personaggio, forse legato al Da Vinci da un vincolo oltre l’amicizia. Per intendersi, suo è il volto dell’Angelo Incarnato, del Sant’Anna, e dell’ultimo capolavoro, il San Giovanni Battista.

Tutto questo, frutto della perfetta sinergia tra scienza e sapere storico-umanistico, ora Vinceti lo codifica, nero su bianco, in un libro di indubbia impronta rivoluzionaria: L'altra Gioconda. I misteri di un capolavoro ritrovato (Roma, Armando Editore). E già dal titolo si capisce come le ipotesi non si esauriscano all’identità della donna simbolo dell’iconografia occidentale, ma approdino su terreni inesplorati: Leonardo può aver realizzato due Gioconde?

La vicenda va seguita, scoperta, creduta. La domanda, certo ancora senza risposta, richiede dedizione: attraversa i secoli, nasce nell’Europa rinascimentale, si ferma alla corte di Francesco I di Francia, approda nel castello di Amboise e finisce in Russia, a San Pietroburgo. Qui Vinceti, invitato da un magnate anni fa, venne a conoscenza dell’esistenza di un secondo dipinto con delle colonne presenti nello sfondo paesaggistico. Un’opera diversa, «bellissima», e che gli «esami ai raggi X e agli infrarossi, e il carbonio-14, hanno evidenziano compatibile al periodo in cui Leonardo realizzava i suoi capolavori». Il confronto con lo studio preparatorio del dipinto (custodito in una collezione privata in Francia) che il maggiore esperto in materia, Carlo Pedretti, ritiene essere del genio vinciano, parrebbe confermare possibilità fino ad oggi nemmeno contemplate. La Gioconda russa, infatti, molto più di quella del Louvre, si «sovrappone perfettamente allo studio preparatorio». E anche Paolo Del Serra, affermatissimo restauratore, avrebbe espresso parere positivo in questo senso. L’approfondimento della figura del Salai, poi, dalle gesta in vita al testamento lasciato, fino a una presunta e sospetta vendita dei lavori del maestro, condisce la ricerca di elementi interessanti; aumentandone da un lato l’attrattiva, dall’altro la fondatezza.

Che succederebbe, dunque, se si scoprisse l’esistenza di una seconda Monna Lisa? Vinceti tratteggia un racconto e avvia un’inchiesta: e il mistero della Gioconda, a quasi 500 anni dalla morte dell’eclettico artista che ne plasmò le forme, si infittisce. E anzi, raddoppia.

 

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