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Chalet Albereta, un viaggio nel passato: i ricordi di chi lo ha vissuto

Nel pomeriggio di ieri i funerali di uno dei suoi più storici titolari "Paiolo": oggi ripercorreriamo la storia del locale grazie ai ricordi di uno dei figli degli ex soci di Brachi

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Mario Brachi detto "Paiolo" assieme ad Andrea Bongi, figlio di uno degli ex soci di Brachi e titolari dello Chalet Albereta Mario Brachi detto "Paiolo" assieme ad Andrea Bongi, figlio di uno degli ex soci di Brachi e titolari dello Chalet Albereta © Ok!Valdisieve
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Sono passate meno di 24 ore dall'ultimo saluto che la comunità di San Francesco ha dato a Mario Brachi alias "Paiolo", personaggio che ha fatto la storia di Pelago e dell'intera Valdisieve grazie alla sua voglia di divertirsi, al suo essere un punto di riferimento per chiunque, al suo amore per il calcio, al suo Chalet Albereta ed allo storico autolavaggio nel centro di San Francesco. Il suo cuore si era fermato improvvisamente lunedì a Rufina, in una piazza gremita di gente che ha fatto di tutto per provare a salvarlo (Clicca qui per leggere l'articolo). 

Con lui se n'è andato l'ultimo pezzo di una era: quella dei "ragazzi dello Chalet". Ok!Valdisieve ha deciso così di ripercorrere la storia di quegli anni grazie ai ricordi di Andrea Bongi, oggi titolare della Pizzeria "I francescani" a San Francesco e figlio di Romano (detto "Rivellino") socio di Brachi negli anni dello Chalet Albereta (deceduto 18 anni fà, ndr).

"Erano i primi anni '80, babbo e Mario non avevano una lira ma avevano deciso di scommettere sulle loro capacità ed aprire un locale innovativo a San Francesco. Il babbo aveva esperienza, era un ottimo pizzaiolo ed aveva la licenza mentre Mario metteva un sacco di allegria ed aveva ottime conoscenze: avevano tutti gli ingedienti per poter funzionare. Così nacque lo Chalet Albereta.", spiega Andrea ad Ok!Valdisieve. 

"Lo Chalet fu un atto coraggioso: dettero una svolta a Pelago. Fino ad allora in zona c'erano le classiche pizzerie: lo Chalet non lo era. Due piani di locale dove sotto c'era la pizzeria e spaghetteria e sopra una grande terrazza che affacciava sulla Sieve con musica, cocktail e la paninoteca. In terrazza avevano preso il proiettore e mettevano i primi video musicali. Lo Chalet fu anche il primo locale in zona ad avere il video - juke box", continua Andrea. 

"Io avevo 13/14 anni. Mi ricordo - racconta - che era sempre strapieno e la gente la notte si riversava nella strada lì davanti. I Carabinieri erano sempre lì fuori a vigilare da quanta gentr c'era. A quei tempi non esisteva il raccordo e quindi tutto il traffico del Mugello e anche proveniente dall'Emilia Romagna passava da Via Forlivese. In un anno ripresero tutto quanto avevano speso per farlo nascere e con gli interessi: fu un vero successo, basta pensare che facevano una media di 300 pizze a sera". 

"È stato il luogo di ritrovo per eccellenza per intere generazioni di ragazzi, alcuni uscivano solo per andare allo Chalet. Il segreto del successo era nella squadra di lavoro: Paiolo era una potenza, Marzocchi Massimo ("il Nencio") e mio babbo facevano le pizze: babbo veniva dalla pizzeria Centrale di Pontassieve di cui era titolare e che ha poi venduto all’attuale gestore. In cucina c’era Mimmo, l'attuale proprietario della 'Sfinge' la paninoteca alla rotonda della Vicas, e la Ida cognata di Paiolo.", spiega Andrea. 

"Ieri è stata una giornata dura per me: ho dovuto salutare un pezzo della mia vita. In Paiolo in parte mi ci rivedo e non è un caso che siamo nati a pochi giorni di distanza: quanti compleanni abbiamo festeggiato insieme! Da piccolo babbo mi portava sempre a mangiare allo Chalet. Mi ricordo del Mario giovane come un amante del calcio ed un grandissimo calciatore, un festaiolo un po' brigante. Il Bar La Ghiacciaia, il Circolo Rinascita 72 e lo Chalet sono i luoghi che per sempre porteranno qualcosa di lui al suo interno. Importante ricordare che Paiolo, con l'aiuto di mio Zio Valdemario e della sua memoria storica e fotografica di Pontassieve e Pelago, ha scritto due libri su quegli anni che conservo con gelosia", racconta.

"Infine non può essere un caso, è destino: lunedì la morte di Mario e martedì la riesumazione di mio padre. Adesso saranno di nuovo insieme." , conclude Andrea. 

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