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Bilancino, la siccità, la classe politica degli anni '80 e le sue vittime. Una riflessione

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Alba a Bilancino Alba a Bilancino © OkMugello
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Grazie al nostro lettore Paolo Menchetti rilanciamo la riflessione dell'ex assessore regionale Paolo Cocchi su ' Uomini di governo e vittine che hanno salvato dalla siccità l'area fiorentina, pubblicata su Cultura Commestibile dello scorso 16 luglio. U a riflessione nella quale si ricorda come molti dei protagonisti di quelle scelte ora dette lungimiranti negli anni 90 sull'onda di tanentoli sono stati in realtà vittime di una tempesta giudiziaria:

"Tra guerre e pandemie sembra essere la siccità la più incombente emergenza di questa estate caldissima per intere Regioni del Belpaese. La piana fiorentina, l’agglomerato metropolitano dislocato tra le città di Firenze Prato e Pistoia, ne è sinora rimasta indenne. Di acqua ce n’è, almeno per ora, e non sono in vista razionamenti e restrizioni. Il Sindaco di Firenze ha pubblicamente ringraziato la “classe politica degli anni Ottanta” che realizzò l’invaso di Bilancino, grazie al quale possiamo dormire sonni quasi tranquilli. Ringraziamento onesto e doveroso; e gliene sono grato, come sopravvissuto più giovane, a nome di tutti. Ma forse val la pena di spendere qualche parola in più.

Innanzi tutto un po’ di storia. L’idea di un serbatoio idropotabile a monte della città si fa strada a Firenze sul finire degli anni ’50, ma è dopo l’alluvione del ’66 che le cose si mettono davvero in moto e l’amministrazione fiorentina dà impulso alla progettazione di un invaso sul fiume Sieve nel comune di Barberino di Mugello. La popolazione locale non è entusiasta (nell’area che dovrà essere sommersa vivono un centinaio di nuclei familiari e hanno sede alcune attività economiche e artigianali) ma nessuno alza barricate e non mancano coloro che iniziano timidamente a parlare di “occasione di sviluppo”. Nel 1969, in relativa tranquillità, il Consiglio Comunale di Barberino approva il progetto di massima sottopostogli da Firenze, raccomandando soluzioni adeguate a favore delle famiglie espropriate. Siamo in pieno esodo delle campagne, la popolazione del comune mugellano è crollata dagli 11.000 abitanti del 1961 a poco più di 8.000. Il suolo agricolo ha perso valore, i contadini sciamano a Prato, Calenzano e Firenze a lavorare nell’industria. Il territorio è ufficialmente zona depressa. 

Con l’intensificarsi dell’industrializzazione locale e di una certa “ripresa” grazie al passaggio dell’Autostrada del Sole la questione Bilancino sonnecchia per quasi un decennio, comunque senza mai veramente fermarsi. Alla fine degli anni Settanta iniziano le procedure espropriative e la realizzazione di qualche variante stradale. Manca però ancora un progetto complessivo che affronti le problematiche di impatto ambientale e valorizzazione turistica che, nel frattempo, la “classe politica locale” ha iniziato a mettere a fuoco e a richiedere. Inoltre si costituisce un “Comitato in difesa del territorio” che, per il decennio successivo, si opporrà alla realizzazione dell’opera per la sua “scarsa utilità” e l’eccessivo impatto. È della fine degli anni Settanta un referendum consultivo che vede il prevalere di un’opinione favorevole alla realizzazione dell’invaso. La polemica comunque non si placa, e solo le amministrative del 1980 renderanno palese la “tenuta” politica del sistema locale dei partiti. Nei primi anni Ottanta continuano le agitazioni dei comitati che giungono al loro picco quando Gianfranco Bartolini, Presidente della Giunta Regionale (non ancora ‘Governatore’, secondo l’enfatico uso attuale) decide di inserirla in cima alle priorità di finanziamento da parte del Fondo Nazionale Investimenti e Occupazione. Un incontro di Bartolini con il Presidente del Consiglio Bettino Craxi alla fine del 1983 sancirà, di fatto, l’inizio dei lavori, che saranno appaltati nel 1984. La protesta si andrà lentamente a spegnere ma rimarranno moltissimi problemi irrisolti che le amministrazioni interessate riusciranno a risolvere (con non pochi affanni) negli anni successivi, a lavori in corso. Nel gennaio 2001 (diciassette anni dopo, contro i cinque previsti) l’invaso raggiungerà finalmente la sua massima capienza: 69 milioni di metri cubi di acqua destinati a riserva idrica per la “piana” fiorentina con funzione anche di parziale contenimento delle piene dell’Arno. 

Ormai libri e tesi di laurea ricostruiscono i quattro decenni della storia progettuale, amministrativa e realizzativa del Bilancino. A questa copiosa bibliografia rimando chiunque volesse approfondire questo o quell’aspetto (per tutti: G.P. Luchi, Il lago di Bilancino, Polistampa,2017). Ciò su cui mi preme riflettere oggi (e che il Sindaco Nardella ha implicitamente richiamato col suo ringraziamento) è come sia stato possibile realizzare un’opera di quelle dimensioni in un territorio antropizzato, in un tempo “ragionevole”(considerando che il raddoppio dell’Autostrada Firenze Bologna, iniziato nel ’92 si è concluso quest’anno, con l’apertura del tratto Barberino-Calenzano, trent’anni dopo) e considerando anche i veti incrociati che scattano ovunque in Italia ogni qualvolta si mette all’ordine del giorno un’infrastruttura di interesse generale. Insomma, come poterono le amministrazioni interessate giungere a un accordo col consenso prevalente dei cittadini?

 La mia risposta non investe tanto i “meriti” decisionali o decisionistici di una classe politica (che pure ci furono), quanto la sua deontologia; i modi civili e non autodelegittimanti del suo discutere e confliggere; il suo rapportarsi rispettoso ma non succube alla sfera “tecnica”; il suo riferirsi concreto alla popolazione rappresentata; e, infine, la sua capacità di rappresentare e disciplinare le dinamiche contraddittorie della società civile e dei vari interessi in gioco. Fu insomma la tanto vituperata “Repubblica dei partiti” (la definizione è di Pietro Scoppola), un sistema all’epoca ancora funzionante, che rese possibile la realizzazione dell’opera. 

Ai protagonisti di quelle scelte tanto provvide e lungimiranti fu riservato un ringraziamento molto speciale. Contro di loro, nel ’92, l’impavida procura fiorentina, sostenuta da tutta la stampa locale esclusa quella di partito, scatenò la tempesta, tanto per godersi il proprio quarto d’ora di fama. Si era in piena Tangentopoli e alcuni di questi protagonisti (non Bartolini però, graziato, si mormorò, non so quanto a ragione, per la sua storia personale e il suo carisma politico) finirono in galera con accuse gravissime ed infamanti. Il “teorema” accusatorio fu che un’associazione a delinquere di politici, funzionari e imprenditori aveva fatto lievitare i costi per trarne ingiustificati e illeciti tornaconti. Non cito nomi, per timore di dimenticare qualcuno. I lavori furono bloccati, con enormi danni erariali, e poco ci mancò che tutto andasse in malora. Alla fine l’inchiesta si sgonfiò completamente e fu dimostrata la piena liceità dei comportamenti degli amministratori e dei funzionari pubblici. Chi scrive era Sindaco di Barberino. Non fu coinvolto (quella volta) nell’inchiesta, ma ricorda con un certo orgoglio di essersi schierato, fin dall’inizio e pubblicamente, su posizioni innocentiste. Era già chiaro allora, a chi in buona fede non avesse la mente deteriorata dall’antipolitica incipiente, che Bilancino era diventato, faticosamente ma effettualmente, un caso esemplare: per impianto progettuale, efficacia di decisioni politiche, quadro democratico e partecipativo.

Nardella, nel ringraziare quella “classe politica”, avrebbe dovuto andare sino in fondo e ricordarne le “vittime”. Sì, proprio così, le vittime. Né più, né meno. E magari proporre l’apposizione, sulla “corona” della diga, di una targa celebrativa a onesto ristoro della loro memoria".

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